"DESTINAZIONE AUSCHWITZ": una favola multimediale Articolo pubblicato da Russ Granata come allegato alla relazione da lui presentata alla conferenza del Nuovo Ordine Europeo a Trieste, Italia, il 25 maggio 2002. In concomitanza con la "Giornata della Memoria, 27 gennaio 2002", l'editore Proedi di Milano ha pubblicato un libro intitolato "Album visivo della Shoah. Destinazione Auschwitz. Ricorda che questo è stato", che rappresenta l'aspetto cartaceo del CD-Rom "Destinazione Auschwitz." Il libro presenta testi retorici e roboanti che sono ancora nulla rispetto alla loro sconfinata arroganza: esso pretende infatti di costituire nientemeno che la
Comincio col rilevare che questi due luminari avrebbero fatto bene quantomeno a consultare qualcuno che abbia una qualche dimestichezza con la lingua tedesca: ciò avrebbe risparmiato loro i numerosi spropositi che costellano il libro. Certo, qui siamo in un ambito di "[quasi] insignificanti particolari", ma dato che gli autori rivendicano orgogliosamente una minuziosità storica e scientifica… Ad esempio, il noto slogan inventato dagli ex detenuti e poi attribuito alle SS dei campi, passare "per il camino", è "durch den Kamin", non "durch der Kamin" (p. 4). Il termine "Krematorium", neutro singolare, viene regolarmente usato in questa forma anche al plurale, che invece è "Krematorien" (p. 10, 25, 28, 37, 45 e passim). Particolarmente ridicola è l'attribuzione del termine "Sonderkommando" (commando o squadra speciale) a singole persone, ad es. a p. 30 e 45, o a p. 50,"Filip Mueller, ex-Sonderkommando", che significa "Filip Müller, ex squadra speciale"! Naturalmente i due autori non sanno neppure che il plurale di "Sonderkommando" è "Sonderkommandos" e usano sempre il singolare al posto del plurale. Sul reale significato storico del termine tornerò sotto. Ecco un'altra prelibatezza:
Segnalo infine che a p. 24 il cognome del dott. Johann Paul Kremer è scritto "Klemer": errore di battitura o ignoranza? Gli autori riescono a sbagliare perfino il nome polacco di Birkenau, che nel documento 3d pubblicato a p. 39 è scritto "Brezezinka" invece di "Brzezinka." (Sorvoliamo su "Klaranlage," p. 27, scritto senza "Umlaut": forma corretta "Kläranlage"). A p. 40, con riferimento alla "Zentralsauna" (impianto centrale di disinfezione e disinfestazione) di Birkenau, si legge:
A p. 45 si dice che il "Reichssicherheitshauptamt" (Ufficio Centrale di Sicurezza del Reich) era "guidato da Adolf Eichmann"! Come è noto, Eichmann era solo il capo della sezione IV B 4 di quest'ufficio, che era "guidato" da Ernst Kaltenbrunner. A p. 22 apppare una falsa citazione di Rudolf Höss, ovviamente senza riferimento alla fonte. Anche la citazione di Höss a p. 44 (parimenti senza riferimento alla fonte) è probabilmente falsa. A Norimberga Rudolf Höss dichiarò infatti che Himmler stesso aveva proibito di maltrattare i detenuti e, chi lo avesse fatto, sarebbe stato punito e se dei detenuti furono maltrattati, si trattò di abusi che, scoperti, furono puniti.[1] Nonostante la boriosa presunzione storico-scientifica di cui si ammanta, il contenuto storico-scientifico del libro è di un dilettantismo sconvolgente. Esaminiamo un po' da vicino questa presunta summa della scienza olocaustica auschwitziana. Le "prove inequivocabili" Abbiamo già visto che il libro in questione pretende di costituire la "risposta definitiva" al revisionismo storico, una risposta pretesamente basata su "concrete prove documentali" (p. 12) e su "prove inequivocabili" (p. 8). Bisogna dire che l'arroganza di queste affermazioni è veramente incredibile: lo storico francese Jean-Claude Pressac, senza il cui contributo storico-documentario sia il CD-Rom sia il libro sarebbero al livello di una raccolta di figurine animate - si era accontentato della scoperta di "indizi"; i nostri "esperti", come si vede, vanno ben oltre, ma solo con la presunzione. Esaminiamo dunque queste "prove inequivocabili." Le "prove documentali" non sono costituite da documenti testuali (nel libro non ne appare neppure uno!), ma esclusivamente da "ricostruzioni" fantasiose (come quelle dell'interno delle "camere a gas), piante, fotografie e disegni, che del resto non presentano nulla di nuovo, essendo già note da tempo agli specialisti della materia. A queste "prove" si affianca inoltre qualche testimonianza. Cominciamo dalle fotografie. Il dilettantismo degli autori risulta ben evidente dal fatto che essi non sono al corrente neppure degli sviluppi più recenti della loro stessa storiografia. A p. 27 essi riproducono infatti la ben nota fotografia della serie Kamann (negativo del Museo di Auschwitz n. 20995/494) - che mostra il lato sud del crematorio II, inclusa la parte sporgente dal terreno del "Leichenkeller 1" (camera mortuaria 1) e presunta "camera a gas" omicida seminterrata - con questo commento:
E a p. 56 gli autori pubblicano una "foto aerea, ricognizione americana 1944," ossia un ingrandimento della fotografia aerea americana del 25 agosto 1944[3] di cui essi non conoscono neppure la data - che mostra l'area dei crematori II e III di Birkenau. Sulla copertura dei due "Leichenkeller 1" appaiono quattro macchie scure che gli autori, storpiando l'interpretazione della storiografia ufficiale, spiegano così:
Provan ha verificato e accettato le conclusioni degli studiosi revisionisti - come Germar Rudolf e Jean-Marie Boisdefeu - che si erano già occupati di queste due fotografie. Come loro, anch'egli ha elaborato un diagramma della prima fotografia per determinare la posizione degli oggetti che appaiono sulla copertura della presunta "camera a gas" in base all'angolo visivo della fotografia.
Per quanto riguarda la fotografia aerea, accettando anche qui le osservazioni già fatte dagli studiosi revisionisti summenzionati, Provan rileva che le macchie sulla copertura delle presunte "camere a gas", se fossero ombre, corrisponderebbero ad un oggetto alto circa 3 metri (mentre i presunti "camini" per lo Zyklon B si sarebbero innalzati di appena 41 centimetri al di sopra del livello del suolo!), perciò egli conclude che è impossibile vedere in tali ombre i presunti "camini."[6] Per di più, mentre l'ombra - reale - dei camini dei due crematori ha direzione nord-est - sud-ovest, le macchie hanno una direzione nord-sud, per cui esse non sono ombre. Infine, le macchie della presunta "camera a gas" del crematorio III hanno una superficie minima di 3 metri quadrati, mentre i presunti "camini," secondo l'ex detenuto che pretende di aver fabbricato i relativi congegni metallici, avevano una superficie di circa mezzo metro quadrato (m 0,7 x 0,7), e la stessa misura avevano i presunti coperchi di cemento. Dunque, la spiegazione fornita dagli autori di "Destinazione Auschwitz" non è solo falsa, ma anche oltremodo ridicola, sia perché i "camini," essendo in muratura, non si potevano "estrarre," sia perché i loro coperchi, che si potevano sollevare, una volta "adagiati orizzontalmente" sulla copertura dei "Leichenkeller" non avrebbero prodotto alcuna "ombra" visibile da un aereo, perché avevano uno spessore di pochi centimetri! In realtà come ho dimostrato nell'articolo «"No holes, no gas chamber(s)." Studio storico-tecnico sulle aperture di introduzione per lo Zyklon b sulla copertura del Leichenkeller 1 del crematorio II di Birkenau»,[7] sul soffitto della presunta "camera a gas" del crematorio II di Birkenau non è mai esistita alcuna apertura di introduzione per lo Zyklon B! L'incompetenza degli autori traspare altrettanto chiaramente da altri commenti non meno risibili. A p. 45 essi pubblicano quattro fotografie tratte dal noto "Album di Auschwitz" col seguente commento:
Queste immagini, riprese dal tetto di un vagone, costituiscono la prova visiva più sconvolgente dello sterminio»(corsivo mio). Primo, perché dalle fotografie non si capisce se la "colonna" sia costituita da ebrei selezionati per il lavoro o per la presunta "camera a gas." Secondo, perché al di là dei crematori c'era la Zentralsauna, dunque la "colonna" poteva recarsi proprio là per il bagno e la disinfestazione. Terzo, perché nessuna fotografia dell'"Album di Auschwitz" mostra un solo Ebreo all'interno dei cortili dei crematori II e III. Anzi, le donne e i bambini - sorridenti! - ritratti nella fotografia 4a a p. 46 hanno già superato il cancello - chiuso! - del crematorio III (che appare all'angolo destro in alto) e dunque anche il cancello del crematorio II, situato davanti ad esso in posizione speculare. Dunque queste fotografie, in fatto di "sterminio," dimostrano meno di niente. A pagina 44 appare un altro commento a due fotografie dell' "Album di Auschwitz" perfettamente degno di quello esposto sopra:
Queste fotografie, in cui i crematori appaiono perfettamente visibili, senza alcun "mascheramento" per impedire sguardi indiscreti, dimostrano invece che essi non avevano nulla da nascondere. Passiamo ai disegni. Si tratta dei ben noti disegni di David Olère (un sedicente membro del cosiddetto "Sonderkommando"), già pubblicati da Jean-Claude Pressac e raccattati dagli autori, secondo i quali
A p. 46 appare un suo disegno del crematorio III con il camino che erutta enormi fiamme: ciò era tecnicamente impossibile.[8] A p. 53 appare un altro disegno che mostra un uomo del cosiddetto "Sonderkommando" che trascina due cadaveri dalla "camera a gas", che si vede nel lato destro con la porta spalancata, verso un forno crematorio. Sfortunatamente la sala forni si trovava al pianterreno, mentre la presunta "camere a gas" era nel seminterrato! Nella stessa pagina due "dentisti" del cosiddetto "Sonderkommando," senza maschera antigas, strappano i denti ai cadaveri all'interno della "camera a gas" (riconoscibile come tale per la presenza del presunto dispositivo di rete metallica per l'introduzione dello Zyklon B). Tuttavia, secondo i testimoni, l'evacuazione dei cadaveri dalla "camera a gas" avveniva con la maschera antigas a causa dei pericolosi residui di acido cianidrico dopo la ventilazione, perciò l'estrazione dei denti avveniva nel vestibolo all'esterno della camera a gas. Il disegno pubblicato a p. 57 mostra la tecnica di introduzione dei cadaveri in una muffola. Il forno appare spropositatamente più grande della realtà e sovrasta enormemente i detenuti; la sua altezza risulta in proporzione di almeno 280 cm e le muffole appaiono alte circa 130 cm. Il forno a 3 muffole era invece alto 2 metri e l'altezza delle muffole era di appena 80 cm. La scena è inoltre irreale, sia perché si riferisce ad un carico di più cadaveri insieme, sia perché il detenuto a destra della barella di introduzione se ne sta tranquillamente a torso nudo davanti alla porta spalancata della muffola, che aveva all'apertura una temperatura di 800°C! Il malcapitato avrebbe riportato ustioni di terzo grado in pochi secondi! Infine, dalla parte superiore della muffola fuoriescono fumo e fiamme, il che è tecnicamente insensato, perché fumo e fiamme venivano immediatamente risucchiate dalle muffole laterali in quella centrale e da questa nel condotto del fumo sottostante dalla forza del tiraggio del camino. Riguardo alla scena di una "gasazione" che appare a p. 51 rimando al paragrafo "Zyklon B." I "Bunker" di Birkenau Il 20 novembre 2001 il "Corriere della Sera" ha pubblicato un articolo di Gian Guido Vecchi intitolato "Shoah. L'inferno cominciò in una casa rossa" (p.35) in cui Marcello Pezzetti annuncia trionfalmente la "scoperta" del cosiddetto "Bunker 1," il primo presunto impianto di gasazione artigianale del campo di Birkenau. Nell'articolo «La "scoperta" del "Bunker 1" di Birkenau: vecchie e nuove imposture», pubblicato in questo sito, e nella conferenza letta da Russ Granata, ho già dimostrato che questa "scoperta" è una volgare bufala, perché la casa polacca presuntamente trasformata dalle SS in "Bunker 1" si trovava in un luogo diverso da quello indicato da Pezzetti, ed esattamente accanto alle quattro vasche dell'impianto di chiarificazione (Kläranlage) del settore di costruzione III (Bauabschnitt III) di Birkenau, proprio dove appare nella pianta pubblicata dagli autori (uno dei quali è Pezzetti stesso!) a p. 41. Questa è la conferma dell'impostura della "scoperta," impostura che viene tuttavia ribadita con la pubblicazione a p. 23 della fotografia dell' "abitazione costruita da contadini polacchi sui resti del Bunker n.1", che si trova in realtà in linea d'aria a circa 300 m a nord-ovest del luogo indicato sulla pianta summenzionata! I testimoni Jean-Claude Pressac aveva sancito la superiorità del documento sulla testimonianza; gli autori del libro non solo capovolgono questo giudizio, il che, metodologicamente, è già grave, ma si appellano quasi esclusivamente ai testimoni dell'ultima ora, che hanno sentito l'imperioso dovere di "testimoniare" appena cinquant'anni dopo i presunti eventi! Il testimone per eccellenza è un tale Shlomo Venezia, "arrestato ad Atene il 15 marzo 1944 e deportato ad Auschwitz" (p. 10), che però non figura neppure nell'elenco degli Ebrei deportati dall'Italia pubblicato da Liliana Picciotto Fargion.[9] Una famiglia plurimiracolata, quella Venezia: Shlomo, il fratello e il cugino tutti "addetti ai Sonderkommando e miracolosamente scampati alla morte"! (p. 9). Di questo sedicente "testimone oculare" mi occuperò dettagliatamente in uno scritto apposito. Qui rilevo soltanto questo sorprendente commento degli autori nei suoi riguardi:
Il conferimento del primato alla testimonianza porta inevitabilmente gli autori ad accettare gli sciocchi argomenti del passato che erano già stati spazzati via da Jean-Claude Pressac. Eccone un esempio significativo che si riferisce alla distruzione dei crematori di Birkenau da parte delle SS:
Dunque senza le spiegazioni dei testimoni i Sovietici non avrebbero saputo nulla di questa "sistematica eliminazione," ma allora perché i Tedeschi li lasciarono vivi? Forni crematori I due autori appaiono completamente sprovveduti anche riguardo ai forni crematori e alla tecnica di cremazione. Per quanto concerne la struttura di questi impianti, essi non solo ignorano il termine"muffola" (Muffel), il che è già sorprendente, ma perfino l'espressione "camera di cremazione" (Einäscherungskammer), e denominano ridicolmente i forni a tre muffole (Dreimuffel-Einäscherungsöfen) dei crematori II e III di Birkenau forni "a tre vani" [!] (p. 31 e 55). Inoltre, invece di "forni crematori" essi usano spesso il termine "fornaci" [!] (p.26, 30, 50). La didascalia del documento 2 a p. 26 è decisamente comica:
(Tralascio la descrizione degli impianti di tiraggio aspirato [Saugzuganlagen] perché i forni funzionarono praticamente senza di essi). A p. 57 gli autori forniscono un altro saggio della loro incompetenza con questa madornale sciocchezza:
In realtà il sistema di caricamento dei forni a 3 muffole, di cui qui si parla, era costituito da una barella metallica (Trage o Einführtrage) formata da due tubi metallici di 3 cm di diametro e lunghi circa 350 cm sui quali era saldata una lamiera leggermente concava lunga 190 cm e larga 38 cm. I due tubi scorrevano su due rulli metallici di scorrimento (Laufrollen) che erano assicurati ad un'asta di fissaggio (Befestigungseisen) saldata alle barre di ancoraggio del forno, sotto alle porte delle muffole. Passiamo a un altro esempio lampante di incompetenza dei nostri "esperti." I 5 forni a 3 muffole installati nei crematori II e III di Birkenau erano dotati di 5 soffianti (Druckluftgebläse) n. 275 (cioè con diametro del tubo premente/aspirante di 275 mm), collocati all'esterno dei forni (2 a destra e 3 a sinistra) e ad essi collegati da un'apposita tubatura (Druckluftleitung), azionati da un motore a corrente trifase di 1,5 CV. Questi impianti servivano per apportare aria di combustione alle muffole, nelle quali questa entrava attraverso quattro aperture praticate sulla sommità della loro volta. Ora, nella "ricostruzione digitale" dei forni a 3 muffole che appare alle pp. 54-55 i soffianti non sono rappresentati (documenti 2 e 4). La ragione si capisce dal disegno schematico 4 (p. 55), che mostra i soffianti all'interno dei forni crematori, in corrispondenza della muffola centrale! Se l'l'ingegnere capo della Topf, Kurt Prüfer, avesse adottato una tale soluzione tecnica, sarebbe stato licenziato a pedate nel fondoschiena, perché i soffianti, in quella posizione, sarebbe bruciati al primo riscaldo del forno! A p. 30, ripetendo a pappagallo le sciocchezze tecniche escogitate da Jean-Claude Pressac in relazione al crematorio V, gli autori scrivono:
La fotografia pubblicata a p. 16 reca la seguente didascalia:"Parte metallica dei forni crematori Topf": di quale "parte" si tratta? Lo spiego io a questi due "esperti": si tratta di un "Luftkanalverschluss," uno sportello di ghisa sollevabile di modello standard (mm 108 x 128) posto sull'apertura di entrata dell'aria (Lufteintritt) di combustione dei forni crematori Topf a 2 e a 3 muffole che serviva a regolare il quantitativo di aria da immettere nelle muffole. Un forno a 2 muffole era dotato di 6 sportelli di questo tipo, un forno a 3 muffole di 11 sportelli. A pagina 56 si possono leggere altre sciocchezze storico-tecniche: la durata di una cremazione "di trenta minuti circa," la cremazione di più cadaveri nello stesso tempo senza che questa prodigiosa durata aumentasse minimamente, il presunto uso delle ceneri umane come mangime per i pesci o come concime, il presunto fatto che nelle muffole "restassero solo alcune ossa." [11] Zyklon B A p. 46 si legge che lo "Zyclon [sic] B" era il "nome commerciale dell'acido prussico (o cianidrico)" (p. 46). Detto così, ciò è una grossa stupidaggine. Lo Zyklon B era infatti il nome commerciale di un antiparassitario a base di acido cianidrico liquido assorbito in un supporto inerte granuloso (farina fossile: nome commerciale: Diagriess) o in dischi di cartone (nome commerciale: Discoids), coll'aggiunta di una sostanza irritante avvisatrice (il bromoacetato di etile). Di ciò i due autori hanno conoscenze alquanto approssimative, perché parlano dei "granuli impregnati di gas Zyklon-B," il che è ancora più ridicolo, anzitutto perché lo Zyklon B non era un "gas," poi perché i granuli erano impregnati di acido cianidrico liquido, non certo di un gas! Non paghi di ciò, essi aggiungono che tali granuli "rilasciano il gas a partire da una temperatura minima di 27°C" (p. 51), il che è un'altra sciocchezza. La temperatura da essi indicata è infatti all'incirca il punto di ebollizione dell'acido cianidrico (25,6°C), ma ciò non toglie che esso si trasformi in vapore a temperature più basse, anche bassissime. Ad esempio, nel 1941 due specialisti tedeschi della disinfestazione riferirono circa l'impiego - con successo - di Zyklon B per la disinfestazione di locali di caserme che si trovavano a temperature da -4 a - 8°C. [12] Se ciò che dicono i nostri due "esperti" di Auschwitz fosse vero, le massaie potrebbero asciugare il loro bucato solo "a partire da una temperatura minima" di 100°C! In tema di scemenze su acido cianidrico e Zyklon B, rilevo che a p. 50 i due autori riportano la nota idiozia del sedicente "testimone oculare" Filip Müller secondo cui
Filip Müller ha ripreso questa storiella dalla "testimonianza" di un altro sedicente "testimone oculare," il medico Miklos Nyiszli, apparsa in ungherese nel 1946,[14] che egli ha sfrontatamente plagiato secondo la traduzione tedesca pubblicata dalla rivista "Quick" di monaco nel 1961 col titolo "Auschwitz. Tagebuch eines Lagerarztes" (Auschwitz. Diario di un medico del campo). [15] Nyiszli, un povero impostore[16] che credeva (lui, medico legale e presunto medico del cosiddetto "Sonderkommando"!) che lo Zyklon B fosse composto da cloro, che essendo molto più denso dell'aria (2,44 rispetto all'aria = 1), doveva necessariamente riempire la "camera a gas" dal basso verso l'alto come si sarebbe riempita di un qualunque liquido! Un'ultima idiozia. Nel disegno a colori di David Olère pubblicato a p. 51, che rappresenta una "gassazione all'interno della camera a gas," i vapori di acido cianidrico sono rappresentati di colore bluastro. Per quale ragione? Soltanto perché l'acido cianidrico in tedesco si dice "Blausäure," letteralmente "acido blu" (per la sua proprietà di formare, reagendo con il ferro, il ferrocianuro ferrico o blu di Prussia), dunque, per "testimoni" di tal fatta, i suoi vapori dovevano pur essere blu! Sciocchezze varie A p. 17 gli autori pubblicano una fotografia (n. 4) recente del crematorio di Auschwitz col seguente commento:
A p. 25 appare questo commento:
Nella stessa pagina figura anche questo commento:
In realtà nel gennaio 1943 la Zentralbauleitung di Auschwitz era suddivisa in 5 Bauleitungen, ciascuna delle quale aveva un proprio ufficio tecnico di progettazione (Baubüro). A p. 10 gli autori scrivono:
Ecco dunque a che cosa si riducono le "prove inequivocabili" di "Destinazione Auschwitz": un' opera discreta per la documentazione grafica raccattata qua e là, una favola dilettantesca per l'interpretazione storica di tale documentazione. 1. Atti del processo di Norimberga, edizione tedesca, vol. 11, pp. 445-447. 2. Jean-Claude Pressac, Auschwitz: Technique and Operation of the Gas Chambers. New York 1989, p. 340. 3. National Archives Washington, RG 373 Can F 5367, exp. 3185. 4. Charles D. Provan, No Holes? No Holocaust? A Study of the Holes in the Roof of Leichenkeller 1 of Krematorium 2 at Birkenau. Zimmerman Printing, Monongahela 2000, USA. 5. Idem, p. 18. 6. Idem, p. 13. 7. L'articolo è disponibile nel sito www.russgranata.com/niente.html 8. Vedi nota 11. 9. Liliana Picciotto Fargion, Il libro della memoria. Gli Ebrei deportati dall'Italia (1943-1945). Mursia, Milano 1992. 10. Andrzej Strzelecki, Wyzwolenie KL Auschwitz. Zeszyty Owicimskie. Numero speciale, 1974, p. 57. 11. Al riguardo rimando al mio studio di prossima pubblicazione in due volumi per conto delle Edizioni di Ar I forni crematori di Auschwitz. Studio storico-tecnico con la collaborazione del dott. ing. Franco Deana. 12. G. Peters, W. Rasch, Die Einsatzfähigkeit der Blausäure-Durchgasung bei tiefen Temperaturen, in: "Zeitschrift für hygienische Zoologie und Schädlingsbekämpfung," 1941, pp. 133-137. 13. Olocausto: dilettanti allo sbaraglio. Pierre Vidal-Naquet, Georges Wellers, Deborah Lipstadt, Till Bastian, Florent Brayard et alii contro il revisionismo storico. Edizioni di Ar, 1996, pp. 62-63. 14. Dr. Mengele boncolóorvosa voltam az auschwitz-i krematóriumban ("Fui medico anatomista del dott. Mengele al crematorio di Auschwitz"), Copyright by Dr. Nyiszli Miklos, Oradea, Nagyvárad, 1946. 15. Vedi al riguardo il mio opuscolo Auschwitz: un caso di plagio. Edizioni La Sfinge, Parma 1986. 16. Vedi al riguardo il mio studio "Medico ad Auschwitz": anatomia di un falso. Edizioni La Sfinge, Parma 1988. 17. "Sonderbehandlung" ad Auschwitz. Genesi e significato. Edizioni di Ar, 2001, pp. 138-141. |
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