La critica di R. Faurisson al libro
"KL Majdanek. Eine historische und technische Studie"

                                                                  Amicus Plato, sed magis amica veritas

CARLO MATTOGNO

PREMESSA

L'articolo che segue avrebbe dovuto apparire nel numero di settembre 1999 dei Vierteljahreshefte für freie Geschichtforschung insieme alla "offener Brief" di Jürgen Graf a Robert Faurisson (1), ma ciò non è stato possibile per mancanza di spazio. Esso sarebbe dunque scivolato al numero di dicembre 1999. Per non alimentare tardive e inutili polemiche, avevo inizialmente deciso di rinunciare alla pubblicazione della mia risposta. Tuttavia la replica di Faurisson alla lettera di J. Graf(2) mi ha convinto della necessità di far conoscere anche il mio punto di vista sulla questione. Ciò è anche doveroso, sia perché le critiche di Robert Faurisson si riferiscono pressoché esclusivamente alla parte del libro scritta da me, sia perché non è giusto che Jürgen Graf si assuma responsabilità che non gli competono.

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Una critica emozionale

Nel numero di giugno 1999 dei VffG è apparso uno scritto di R. Faurisson intitolato Eine Revisionistische Monographie über Majdanek (pp. 209-212) che vorrebbe essere una recensione critica dell'opera KL Majdanek. Eine historische und technische Studie (Castle Hill Publisher, Hastings 1998), da me redatta in collaborazione con Jürgen Graf, ma che invece risente pesantemente di fattori emozionali che nulla hanno a che vedere con una sana critica scientifica. Faurisson vi confonde il piano argomentativo con quello personale, fornendo un resoconto dell'opera malevolo e riduttivo, basato chiaramente su una lettura superficiale e incompleta.

L'unica opera revisionistica senza meriti

Per Faurisson la nostra opera non ha praticamente alcun merito storiografico. Il fatto che per la prima volta vi venga resa accessibile la ricca letteratura polacca sul KL Majdanek, il fatto che per la prima volta vi venga affrontato scientificamente il problema del numero dei decessi, il fatto che per la prima volta vi venga ricostruita la storia dei crematori, il fatto che per la prima volta il problema delle camere a gas vi venga studiato scientificamente sulla base di documenti in massima parte inediti e su un'analisi accurata delle installazioni, il fatto che per la prima volta vi sia delineata l'origine della storia delle gasazioni omicide, il fatto che per la prima volta (nella storiografia occidentale) venga presentato uno studio esaustivo sulle forniture di Zyklon B al KL Majdanek (che corregge i risultati dell'unico studio polacco dedicato a questo tema), il fatto che per la prima volta vi venga esposta una critica storico-tecnica della Erntefest, il fatto che per la prima volta vi venga dato un resoconto generale dei processi-Majdanek, tutto ciò, per lui, non ha alcuna importanza.

Nelle 319 pagine dell'opera, Faurisson ha trovato soltanto "ein paar sehr interessanten Seiten" nel capitolo dedicato alla Erntefest, ma si è affrettato a dichiarare subito dopo la sua insoddisfazione, perché la conclusione del capitolo è introdotta da un insoddisfacente "sehr wahrscheinlich", ovviamente dovuto alla mancanza di documenti. Questo rimprovero è stupefacente: che cosa si aspettava, Faurisson, che io fabbricassi qualche documento per rendere le mie conclusioni più "soddisfacenti"? Del resto, se qualcuno, per criticare la sua tesi dell'impossibilità radicale delle camere a gas omicide, gli chiedesse, ad esempio, dove sono finiti gli Ebrei deportati ad Auschwitz che non furono immatricolati, non sarebbe costretto a rispondere anch'egli che "sehr wahrscheinlich" furono trasferiti altrove?

E se questa conclusione non rende insoddisfacenti le sue conclusioni sulle camere a gas di Auschwitz, perché mai dovrebbe rendere insoddisfacenti le mie sulla Erntefest?

Un falso problema

Faurisson adduce cinque argomenti - che esaminerò successivamente - per dimostrare che alcuni storici ufficiali non considerano il KL Majdanek un "Vernichtungslager", come se noi avessimo sostenuto che tutti gli storici ufficiali lo considerano tale! In realtà noi abbiamo affermato quanto segue:

"Der offiziellen westlichen Geschichtsschreibung zufolge diente Majdanek zugleich als Arbeits- und Vernichtungslager" (p.14).

Perciò Faurisson ha sollevato un falso problema e i suoi rimproveri sono infondati già in partenza.

Egli fraintende completamente l'intenzione degli Autori, perché lo scopo del nostro libro, come viene dichiarato esplicitamente a p.18, era quello di colmare una lacuna storiografica, consistente nel fatto che all'epoca non esisteva alcuno studio scientifico sul KL Majdanek. Per fare il punto della situazione, nell'Introduzione abbiamo esposto sinteticamente le posizioni della storiografia olocaustica occidentale e polacca - secondo le quali Majdanek era un campo di concentramento e di sterminio o soltanto di sterminio - e di quella revisionistica. Ovviamente abbiamo preso in considerazione le opere più autorevoli, in forma di libro o di articolo. Non era minimamente nostra intenzione e non c'era alcun motivo di stilare una noiosa lista di tutti gli autori che abbiano scritto due righe su Majdanek.

In questa prospettiva, Faurisson ci rimprovera inoltre di non aver segnalato al lettore la "völlige Verwirrung" che regna anche tra gli storici ufficiali che attribuiscono al KL Majdanek la funzione di "Vernichtungslager" e che si manifesta concretamente nelle "Schwankungen in der vorgegebenen Zahlen der Opfer" (p. 209). In realtà a tale questione abbiamo dedicato un intero paragrafo ("Die Zahlen der westlichen Historiker", pp. 88-90).

Il vero problema

Il problema essenziale dibattuto nel libro non è se Majdanek fosse o non fosse un "Vernichtungslager", ma se le camere a gas che ancora vi esistono siano state o non siano state impiegate a scopo omicida. Faurisson, invece, non solo crea il falso problema del "Vernichtungslager", ma tenta anche di sostenere la sua tesi ricorrendo ad argomenti inconsistenti.

E' vero che al processo di Norimberga (argomento 1, p. 209) il KL Majdanek non ebbe praticamente alcun rilievo, ma esso fu comunque presentato come campo di sterminio dotato di camere a gas omicide nei documenti URSS-29 e URSS-93.

L. Poliakov (argomento 2, p. 209) ha scritto sì che Majdanek "n'était pas un camp d'extermination immédiate" , ma ha aggiunto poi che "c'était un camp de travail, c'est-à-dire un camp d'extermination différée" [citazione 1], al quale, seguendo la Commissione di inchiesta polacca, ha attribuito 200.000 vittime nel 1943 e nel 1944(3). Nel 1963 L. Poliakov ha pubblicato un resoconto del processo Eichmann di Gerusalemme nel quale ha riportato ampi brani della sentenza. Il punto 126 si riferisce al KL Majdanek. Vi si legge:
"Le camp de Maïdanek, un grand camp près de Lublin, servait également de lieu d'extermination de Juifs. Ils y étaient tués par fusillades et par les gaz. [...]. Des chambres à gaz furent également installées à Maïdanek"(4)[citazione 2]. Non mi risulta che L. Poliakov abbia mai contestato questo passo della sentenza.

G. Reitlinger (argomento 3, p. 209) ha rilevato che a Majdanek "si impiegavano i cristalli di Zyklon B e, pare, su scala ridotta"(5), e non si riferiva certamente alla disinfestazione.

M. Broszat (argomento 4, p. 209), nella famosa lettera a Die Zeit del 19 agosto 1960 ha semplicemente omesso il campo di Majdanek nella lista dei luoghi in cui, a suo parere, avvenne "die Massenvernichtung durch Vergasung"(6). Tuttavia nel 1976 Broszat inserì anche il campo di Majdanek nella lista suddetta nella "Nota preliminare" all'articolo di Ino Arndt e Wolfgang Scheffler "Organisierter Massenmord an Juden in nazionalsozialistischen Vernichtungslagern"(7).

La citazione (tre parole!) tratta dalla sentenza dell'8 maggio 1950 di un Tribunale di Berlino (argomento 5, p. 209) si riferisce al processo Sobibor. Dunque, per Faurisson, tre parole scritte dai giudici di Berlino che giudicavano su Sobibor e non avevano pertanto alcuna competenza sul KL Majdanek, hanno la stessa importanza delle conclusioni dei giudici di Gerusalemme, che dedicarono a questo campo una parte della seduta n. 63 del 2 giugno 1961 con l'escussione del testimone Yisrael Gutman, e addirittura di quelle dei giudici di Düsseldorf, che giudicarono esclusivamente sul KL Majdanek!

Con la stessa logica egli pone autori che hanno scritto due o tre righe su questo campo, o che semplicemente non l'hanno menzionato, sullo stesso piano di coloro che gli hanno dedicato libri e articoli. In questo contesto, egli passa sotto silenzio la nostra citazione a p.14 dall'autorevole Enzyklopädie des Holocaust, che attribuisce esplicitamente al KL Majdanek sia camere a gas omicide sia il carattere di Vernichtungslager (p.14).

Un KL insignificante?

Faurisson afferma che nella letteratura olocaustica (occidentale) il KL Majdanek ha attualmente un valore del tutto secondario o addirittura insignificante e "die beiden Verfasser dieses Buches hätten den Leser darauf aufmerksam machen müssen" (p. 209).

Questo rimprovero rivela una prospettiva divulgativa che è in antitesi con il carattere scientifico della nostra opera. Se Faurisson è abituato a scrivere per persone che non sanno neppure quale sia l'importanza di un campo di concentramento, questa è una sua scelta personale che io rispetto, ma egli non può pretendere di imporla anche a noi. Il nostro libro è invece destinato essenzialmente agli specialisti, e non solo a quelli revisionisti.

Faurisson prende come un rimprovero personale la nostra semplice constatazione, senza il minimo intento polemico, che sul KL Majdanek non esisteva alcuna opera scientifica revisionistica, a tal punto che sente il bisogno di giustificarsi, adducendo il fatto della "Bedeutungslosigkeit" di tale campo per la letteratura olocaustica.

Il senso di tale giustificazione è questo: gli storici ufficiali hanno attribuito scarsa importanza a Majdanek, dunque neanche i revisionisti se ne sono occupati! Ciò implica una visione storiografica alquanto gretta. Come se il compito del revisionismo fosse soltanto ed unicamente quello di negare ciò che gli storici ufficiali hanno affermato! In questo modo si dà solo ragione agli avversari che definiscono il revisionismo, appunto, come negazionismo.

Il senso del suo rimprovero è invece che, in fondo, il nostro libro era perfettamente inutile, perché le conclusioni essenziali sul KL Majdanek erano già state proclamate da lui, sicché "jetzt haben J.Graf und C. Mattogno sie lediglich bestätigt" (p.209).

Egli elenca poi le sue dichiarazioni sul KL Majdanek a partire dal 1975, quando scoprì "dass es in Majdanek keine Gaskammern zur Menschentötung gab oder gegeben haben kann" e ci rimprovera di non averle menzionate, al pari di quelle di D. Felderer (p. 210).

La pretestuosità dell'argomento della "Bedeutungslosigkeit" del KL Majdanek è evidente: se questo campo aveva veramente un peso storiografico così insignificante, perché Fred Leuchter vi è stato mandato da E. Zündel, proprio su proposta di Faurisson, a dimostrare che le sue presunte camere a gas omicide non erano tali?

Rivendicazioni ingiustificate

Faurisson pretende che gli storici revisionisti avevano già risolto prima della pubblicazione del nostro libro il problema delle camere a gas di Majdanek. Il passo merita di essere riportato per intero:

"Wenn nämlich ein Thema als nur zweitrangig oder als zu vernachlässigen angesehen wird, dann vernachlässigt man schon mal, sich ernsthaft damit zu befassen; und so ist es geschehen. Die Exterminationisten haben nicht auf Majdanek beharrt. Wenn sich die beiden Verfasser des Buches zudem nur die Muhe gemacht hätten, gewissenhaft alles anzuführen, was Revisionisten, angefangen mit D. Felderer, R. Faurisson und F. Leuchter, hier und da über diese Thema geschrieben haben, dann hätten sie darüber hinaus schon den Beweis dafür in Händen gehabt, dass diese Historiker der revisionistischen Schule mit ihren schlagkräftigen Beweisen und ihrer rein sachlichen Forschungsarbeit das 'Problem der Gaskammern von Majdanek' ziemlich schnell gelöst hatten" (p. 212).

Ricapitoliamo. Faurisson prima dichiara che Majdanek era talmente insignificante per gli storici ufficiali e per i revisionisti, che nessuno degli uni e degli altri se ne è mai occupato "ernsthaft"; poi, in contraddizione con ciò, afferma che i revisionisti summenzionati se ne sono occupati non solo "ernsthaft", ma addirittura scientificamente!

In realtà Majdanek ha avuto una posizione addirittura centrale fin dalla prima polemica pubblica importante di Faurisson. Al suo articolo "Le problème des chambres à gaz" ou "la rumeur d'Auschwitz" che apparve su Le Monde il 29 dicembre 1978, G. Wellers, nella stessa sede, tra l'altro rispose:

"Il faut savoir que les chambres à gaz dans les camps où étaient exterminés les Juifs et les Tziganes (Auschwitz, Belzec, Maïdanek, Sobibor, Treblinka) ont été détruites par les Allemands avant la fin de la guerre, à la seule exception de Maïdanek"(8).[citazione 3]

Come si può credere che Faurisson, dopo aver lanciato una sfida ad un dibattito pubblico sul problema delle camere a gas, abbia considerato insignificante l'unico campo in cui, secondo il suo avversario, esistevano ancora camere a gas omicide?

In effetti pochi mesi dopo, nell'intervista a "Storia illustrata" dell'agosto 1979, Faurisson confermò l'importanza del campo di Majdanek scrivendo :"A Majdanek, en revanche, ils [les Allemands] ont laissé intactes des installactions qu'après la guerre on a baptisées du nom de 'chambres à gaz' "(9). [citazione 4]

Dunque Faurisson lanciò il problema delle camere a gas, che considerava radicalmente impossibili(10), e gli si oppose che le uniche camere a gas omicide ancora esistenti si trovavano a Majdanek:: la logica delle cose voleva che la chiave del problema delle camere a gas stesse appunto a Majdanek: la discussione non poteva partire che da questo campo, non poteva essere incentrata che su questo campo, per accertare se gli impianti ancora esistenti fossero o non fossero camere a gas, se fossero o non fossero camere a gas omicide, il loro funzionamento a scopo omicida fosse o non fosse radicalmente impossibile.

Se poi Faurisson ha eluso la discussione deviandola su Auschwitz, ciò non è stato certo per la "Bedeutungslosigkeit" di Majdanek!

Questa prospettazione del problema delle camere a gas, che risale alla fine degli anni Settanta, era comunque carente, in quanto trascurava la camera a gas di Stutthof, che avrebbe parimenti meritato una posizione di primo piano nella discussione sulla possibilità delle gasazioni omicide. E se la discussione fosse partita da questo campo, si sarebbe arenata irrimediabilmente, in quanto la camera di disinfestazione ad acido cianidrico di Stutthof è l' unica delle presunte camere a gas omicide dei KL tedeschi che avrebbe potuto funzionare in modo tecnicamente ineccepibile anche a scopo omicida(11).

Torniamo alle "schlagkräftige Beweise" di Faurisson su Majdanek.

Il fatto che nella nostra opera non appaia alcun accenno a Felderer e a Faurisson è la conseguenza di una scelta ben ponderata. Contrariamente a ciò che pensa Faurisson, infatti, noi abbiamo esaminato molto "gewissenhaft" ciò che egli stesso e Felderer avevano scritto "hier und da" su tale argomento, ed è proprio per questo - ossia per la vacuità delle loro affermazioni - che abbiamo deciso di non menzionarli affatto nel nostro libro. D'altra parte, nell'economia generale dell'opera, non c'era alcuna necessità di mettere in cattiva luce Felderer e Faurisson mostrando pubblicamente la vacuità delle loro affermazioni, come ora Faurisson mi costringe a fare. Se lo avessimo fatto, allora sì, avremmo dato prova di vera "Böswilligkeit" nei loro confronti.

In effetti, dove sono le "schlagkräftige Beweise", dov'è il "rein sachlichen Forschungsarbeit" di cui parla Faurisson?

Di Felderer, su Majdanek, avevamo vagliato la scarna deposizione al processo Zündel del 1988(12). Il testimone vi parla di "gas chamber", sempre al singolare, dal che si può desumere quanto sia stata accurata la sua ispezione dell'impianto. L' unico argomento che vi appare contro la realtà delle gasazioni omicide è il seguente: "The gas was allegedly discharged through openings into the gas chamber by an SS man from an attic above the chamber. Felderer examined the attic and found it extremely difficult to maneuver in because of the proximity of the roof and the number of nails". In realtà l' attuale tetto dell'impianto, che rende effettivamente difficile muoversi nell' "attic" che esso forma con il solaio delle camere a gas, fu costruito dai polacchi dopo la guerra. L'originario Flugdach che copriva l'impianto era alto 5,5 m, perciò si elevava di 3,05 m sul piano del solaio delle camere a gas, sul quale, pertanto, un uomo poteva camminare comodamente in posizione eretta. L'argomento di Felderer dunque non ha alcun valore dimostrativo.

Quanto a Faurisson, sapevamo certamente che egli ha affermato già da decenni che le camere a gas del KL Majdanek erano un impianto di disinfestazione senza alcuna funzione omicida, ma, nei suoi scritti, non abbiamo trovato alcuna prova, né documentaria, né architettonica, né chimica, né di altro genere di questa semplice affermazione, che dunque i revisionisti dovevano accettare soltanto in virtù del principio di autorità dell' ipse dixit.

In "Vérité historique ou vérité politique", che è apparso nel 1980, Faurisson ha scritto quanto segue:

"Pour ce qui est de Majdanek, la visite des lieux s'impose. Elle est, s'il se peut, encore plus concluante que celle du Struthof. Je publierai un dossier sur la question" (p. 87). [citazione 5]

A 19 anni di distanza, attendiamo ancora l'apparizione di questo dossier.

L'affermazione di Faurisson secondo la quale le camere a gas di Majdanek erano delle camere di disinfestazione è inoltre fuorviante, anzitutto perché egli non ha mai sfiorato il problema essenziale del presunto sistema omicida ad ossido di carbonio, che avrebbe funzionato con due bombole di acciaio riempite di questo gas. Queste bombole, prima della mia scoperta che esse recano incisa la scritta CO2 (anidride carbonica), passavano appunto per bombole di ossido di carbonio: allora, come si poteva conciliare una gasazione con ossido di carbonio (che non è un insetticida né un germicida) con le gasazioni di disinfestazione? E, conseguentemente, come poteva affermare Faurisson che i due locali equipaggiati con tale sistema erano delle semplici camere di disinfestazione? In secondo luogo, egli non ha mai spiegato per quale ragione la camera di disinfestazione che è rimasta allo stato originario non poteva essere usata a scopo omicida con acido cianidrico.

Dunque le rivendicazioni di Faurisson ad un presunto primato argomentativo o addirittura dimostrativo sulle camere a gas del KL Majdanek sono del tutto ingiustificate. Su Majdanek Faurisson non ha mai dimostrato nulla.

Il rapporto Leuchter

Nel capitolo sulle "camere a gas" del KL Majdanek, redatto da me, non potevamo invece passare sotto silenzio il rapporto Leuchter. Il bilancio della mia analisi critica degli argomenti di Leuchter è decisamente negativo. Faurisson, mescolando anche qui il piano personale con quello argomentativo, mi accusa di aver esposto "leichtfertige persönliche Angriffe auf einen Gegner [...], der sich nicht einmal wehren kann" (p. 212).

Quanto io sia un "nemico" di Leuchter, risulta dal fatto che, ogni volta che ne ho avuto occasione, l'ho difeso dalle critiche infondate dei veri avversari. Ad esempio, nel mio "Olocausto: Dilettanti allo sbaraglio" (Edizioni di Ar, 1996) ho dedicato un intero capitolo alla difesa di Leuchter (Rapporto Leuchter: La parola agli "esperti"), tra l'altro, anche dalle accuse infondate di Pressac!.

Per quanto a qualcuno possa risultare difficile comprendere la distinzione, io non ho portato "persönliche Angriffe" a Leuchter, ma ho esposto critiche documentate alle sue argomentazioni infondate.

Quanto poi le mie critiche siano "leichtfertige", risulta dal fatto che Faurisson non ne discute neppure una. Anche in questo caso il lettore si deve accontentare dell' ipse dixit. Il rimprovero che io ho criticato una persona che non può difendersi, quand'anche fosse vero, è ingenuo: secondo questa logica, nessuno, in nessun campo, dovrebbe più criticare gli autori del passato, che, essendo morti, non possono più difendersi! Per addurre un esempio più attinente al nostro tema, nessun revisionista dovrebbe più criticare gli scritti di Georges Wellers, che è morto nel 1991 e non può più difendersi, e nessuno "sterminazionista" dovrebbe più criticare gli scritti di Rassinier! E' ovvio che, nella prassi ordinaria, chi - per qualunque ragione - non può difendersi, trova sempre dei sostenitori che lo difendono.

Ora, poiché Faurisson ha avuto una parte cospicua nella progettazione e, presumo, nella redazione del rapporto Leuchter, chi più di lui dovrebbe essere capace di confutare eventuali critiche "leichtfertige" che gli vengono mosse? Quale migliore occasione dunque per dimostrare la "Böswilligkeit" di C. Mattogno? Egli invece si sottrae a questo compito doveroso con il pretesto che la mia critica "bezieht sich auf ganz geringfügige Punkte" (p.210), che tradisce la sua incapacità di rispondere sul piano argomentativo alle mie critiche, e dunque il carattere strettamente personalistico ed emozionale della sua accusa.

Vediamo nel loro contesto uno di questi "ganz geringfügige Punkte". Leuchter scrive:

1) "The wall in chamber # 1 [il locale III secondo la nostra numerazione] have the characteristic blue ferric-ferro-cyanide staining"(13).

2) "The existence of blue stains in this room [= locale IV] is consistent with the blue stains found in the Birkenau delousing facility"(14).

3) "The larger chamber [= locale III] was not designed for HCN"(15).

4) Although chamber # 1 is operational for carbon monoxide, it is poorly vented and non operational for HCN"(16).

5) "Although at first glance these facilities appear properly designed, they fail to meet all the required criteria for an execution gas chamber or delouising facility"(17).

Ricapitolando, Leuchter ha osservato nella camera III macchie di ferrocianuro ferrico simili a quelle dei BW 5a e 5b di Birkenau, che sono dunque dovute all'impiego di acido cianidrico, ma pretende che questa camera non solo non fu progettata per l'acido cianidrico, non solo non fu operativa per l'acido cianidrico, ma non poteva neppure essere una camera di disinfestazione! Ma allora, di grazia, come si sono formate sui suoi muri le macchie di ferrocianuro ferrico? Come si può definire la conclusione di Leuchter se non come inganno deliberato? E questo inganno non giustifica da solo il tono duro della mia critica?

In questa critica argomentativa a Leuchter, Faurisson vede soltanto il presunto fatto che "in der Geschichtsschreibung der Revision des 'Holocaust' Revisionisten mit einer Böswilligkeit sondergleichen in aller Öffentlichkeit andere Revisionisten bekämpfen" (p. 212).

Qui evidentemente si fronteggiano due concezioni antitetiche del revisionismo, quella di Faurisson, come ideologia settaria, e quella nostra, come metodologia critica. Solo una ideologia storiografica dogmatica e settaria può considerare la critica scientifica come gratuita "Böswilligkeit".

Faurisson mi accusa inoltre di scorrettezza metodologica, ossia del fatto "dass C. Mattogno nicht einmal F. Leuchters Beweisführung darlegt", di aver riferito gli argomenti di Leuchter tramite un suo nemico dichiarato, Pressac, infine di aver citato "nur winzige Bruchstücke seines Gutachtens" (p. 210).

In un "Nota bene" finale egli afferma che "nur wenige Revisionisten kennen den Leuchter-Bericht über Auschwitz, Birkenau und Majdanek in seinem ganzen Umfang" (p. 212).

Questo è un rimprovero indiretto rivolto a me, perché le citazioni del rapporto Leuchter che appaiono nel nostro libro sono tratte dalla traduzione abbreviata di U.Walendy.

Rassicuro Faurisson: io sono uno dei pochi fortunati che posseggono l'edizione integrale americana del rapporto Leuchter. L'analisi dei suoi argomenti su Majdanek è stata condotta sul testo originale, ma l'Editore, per ovvie ragioni, ha preferito riferirsi alla traduzione tedesca per così dire "ufficiale" già esistente.

Il fatto che io abbia citato il giudizio del "nemico" Pressac sulla parte del rapporto Leuchter che si riferisce al KL Majdanek e che io concordi con tale giudizio, può scandalizzare soltanto chi attribuisce a Pressac il carattere demonologico della menzogna assoluta, dell'incapacità ontologica di cogliere la verità, che finora gli avversari più virulenti avevano attribuito a Faurisson stesso!

E' comunque falso che io abbia riferito gli argomenti di Leuchter tramite Pressac, come è falso che io non abbia esposto "nicht einmal" la "Beweisführung" di Leuchter. In realtà la mia critica si basa sulla lettura integrale degli argomenti di Leuchter nell'edizione originale americana, da cui ho citato i passi salienti, cioè quelli indicati alle note 426 e 430-439 (pp. 154-156) del nostro libro.

L'accusa che queste citazioni siano "nur winzige Brüchstücke" del rapporto Leuchter - che contraddice apertamente quella secondo cui "C.Mattogno nicht einmal F. Leuchters Beweisführung darlegt" - non dipende certo da una mia malevola volontà riduttiva, ma dal fatto che, come tutti coloro che posseggono l'edizione originale del rapporto sanno, Leuchter ha scritto pochissimo sulle camere a gas del KL Majdanek, ossia poco più di tre pagine (i punti 12.001-12.006 e 17.000-17.008), di cui una pagina e mezza - cioè i punti 17.000-17.004 - non contiene alcun argomento, ma soltanto la descrizione degli impianti. Gli argomenti sono esposti in poco più di una pagina nei punti 12.002-12.006 e 17.005; quelli degni di discussione non sono più di otto! D'altra parte il rapporto Leuchter è accessibile a chiunque in traduzioni in varie lingue che riportano tutte il testo della perizia, a cominciare da quella in francese di Faurisson stesso(18), e tutti possono controllare le mie citazioni nel loro contesto.

J.C. Pressac

Faurisson mi rimprovera poi di aver fornito nel capitolo VI "ein unvollständiges Portait von J.-C.Pressac" - come se io fossi il suo biografo! - e di aver citato "lobrednerisch" il suo articolo "Les carences et incohérences du rapport Leuchter". Indi Faurisson aggiunge:

"Leider sagt er uns nichts über die Schwächen dieser Studie, und vor allem macht er nicht auf die ganze Reichweite von J.-C.Pressacs Kritik an dem aufmerksam, was man die Lügen der Behörden des Majdanek-Museums nennen muss".

Io avrei dovuto inoltre segnalare al lettore un articolo di Faurisson del 1989 nel quale egli era giunto alla convinzione "dass Pressac nicht an das Vorhandensein von Gaskammern zur Menschentötung in diesem Lager glaubt" (p. 211).

E' chiaro che Faurisson non ha capito o non ha voluto capire la struttura argomentativa del capitolo VI della nostra opera. Io vi ho utilizzato le riflessioni di Pressac, a volte acute, sulle camere a gas di Majdanek solo come punto di partenza per un approfondimento ulteriore, basato su nuovi documenti e su un'ispezione più accurata dei luoghi, che supera tali riflessioni e spesso le corregge o le confuta, e questo è tutto. Poiché, in tale prospettiva, mi interessavano soltanto gli argomenti relativi alle camere a gas di Majdanek, non c'era alcun motivo di parlare delle "Schwächen" dell'articolo in questione.

D'altra parte, a quali "Schwächen" si riferisce Faurisson?

L'articolo del 1989, intitolato "Pressac devant le rapport Leuchter"(19), è l' unica risposta di Faurisson(20) allo studio di Pressac "Les carences et incohérences du rapport Leuchter", perciò dovrebbe contenere la dimostrazione delle "Schwächen" di tale studio; esso in realtà non dimostra nulla, essendo alquanto generico e superficiale: basti dire che pretende di liquidare gli argomenti di Pressac su Auschwitz in cinque righe! Quanto a Majdanek, Faurisson cita i passi in cui Pressac esprime serie riserve circa l'impiego di acido cianidrico a scopo omicida nelle camere a gas, ma passa sotto silenzio il fatto che, per Pressac, "il ne peut exister le moindre doute sur la criminalité" [citazione 6]del presunto sistema ad ossido di carbonio, e che egli pensa che le camere a gas di Majdanek, costruite originariamente come camere di disinfestazione, furono poi trasformate in camere a gas omicide funzionanti ad ossido di carbonio(21). Ed è solo grazie a questa omissione che Faurisson può scrivere:"Sur Majdanek, je ne crois pas exagéré de dire que Pressac ne croit pas à l'existence de chambres à gaz homicides dans ce camp"(22).[citazione 7]

In effetti ciò non è esagerato, è falso.

Per quanto riguarda la critica di Pressac alle "Lügen der Behörden des Majdanek-Museums", si tratta di qualche breve accenno alle prime storie sulle camerea gas omicide, tema al quale abbiamo dedicato un intero capitolo!(23) Da parte mia, l'impressione che ho avuto dal contatto personale con le attuali Autorità del Museo di Majdanek , a cominciare dalla Direttrice, è che siano in buona fede e meritevoli di rispetto.

Faurisson attribuisce a Pressac una evoluzione in direzione revisionistica per quanto riguarda le sue idee sulle camere a gas di Majdanek e mi rimprovera conseguentemente di non aver menzionato gli scritti in cui apparirebbe questa evoluzione, cioè l'articolo Les camps de la mort ("Historia", n.34/1995), dove, a dire di Faurisson, Pressac avrebbe esposto una trattazione "vernichtend" delle camere a gas di Majdanek, e Auschwitz: Tecnique and Operation of the Gas Chambers (1989), dove Pressac "anerkannte, dass die sinnbildliche Gaskammer von Majdanek, die immer wieder als zu Menschentötung bestimmt präsentiert wird, in Wirklichkeit eine Entwesungskammer war". Naturalmente "C.Mattogno übergeht das mit Stillschweigen".

Quand'anche ciò fosse vero, non vedo perché avrei dovuto menzionare questa presunta evoluzione: l'oggetto del capitolo VI del nostro libro sono le camere a gas di Majdanek, non la storia del pensiero di Pressac sulle camere a gas di Majdanek.

In realtà, in entrambi i casi, Pressac ha riaffermato ciò che aveva già scritto nell'articolo del 1988 ("Les carences et incohérences du rapport Leuchter").

Per quanto riguarda Auschwitz: Technique and Operation of the Gas Chambers, Faurisson rimanda alla p. 557, dove, nella didascalia di una fotografia, Pressac parla in effetti di "disinfestation gas chambers", ma egli passa sotto silenzio che Pressac, a p. 555, ammette la possibilità che persino l'impianto di disinfestazione sia stato usato a scopo omicida ("I am not saying that it was never used to kill people, for that is still possible") e menziona poi "the Majdanek homicidal and/or delousing gas chambers".

Nell'articolo apparso su "Historia" sei anni dopo, che dovrebbe mostrare ancor più chiaramente la presunta evoluzione di Pressac, egli ha scritto:

"Puis, le bloc d'épuillage subit une dernière modification, ne visant plus à améliorer la destruction des poux mais à asphyxier les Juifs inaptes au travail. Le toxique retenu fut le monoxyde de carbone en bouteille métallique, estimé moins dangereux à manipuler que le Zyklon-B. Une des pièces fut divisée en deux. Ne furent équipées de tuyaux de diffusion du gaz carbonique qu'une grande pièce de 34 mètres carrés et une des deux petites de 17 mètres carrés, ce qui permettait de tuer respectivement 170 et 85 personnes à la fois" (24). [citazione 8]

E questa sarebbe una trattazione "vernichtend" delle camere a gas omicide di Majdanek?

In conclusione, Pressac non ha mai cambiato le sue idee sulle camere a gas omicide di Majdanek, e Faurisson è in errore anche su questo.

Erudizione e crematori

Faurisson mi accusa ancora di eccesso di erudizione! Fatto da lui, che ha sempre citato ogni fonte possibile e immaginabile e ha sempre fatto sfoggio di una erudizione eccezionale, questo rimprovero appare sorprendente.

Le sue osservazioni sulla capacità di cremazione dei forni crematori sono invece di una superficialità disarmante. Egli afferma (come esempio della mia scarsa padronanza della materia) che, se si vuole dimostrare che la capacità di cremazione addotta dagli storici ufficiali è esagerata, "dann braucht man keine hochtechnischen Betrachtungen über die Bauweise der Verbrennungsöfen und deren Betriebsweise; man wird sich statt dessen im wesentlichen damit begnügen, uns zu sagen, was heute, nach einem halben Jahrhundert, die Verbrennungsleistung irgendeines Krematoriums unserer Städte ist. Die Zahlen sprechen für sich selbst".

Con ciò Faurisson mostra di non avere alcuna nozione della problematica relativa alla cremazione. Evidentemente egli ignora che il sistema costruttivo di un forno crematorio e la sua conduzione sono fattori fondamentali per la sua capacità di cremazione. Per quanto riguarda la capacità di cremazione dei forni crematori degli anni Quaranta, il semplice confronto con i risultati dei forni crematori attuali è un criterio di giudizio fallace che porta necessariamente a conclusioni false. Per fare un solo esempio, dalle liste nominative di cremazione del crematorio di Terezín di cui sono in possesso(25) risulta una durata media di una cremazione di 36 minuti, con punte giornaliere anche inferiori. Ad esempio, l'11 ottobre 1943, nel forno n.IV, dalle ore 6 alle ore 19,30, furono eseguite 25 cremazioni, con una durata media di circa 32 minuti per ogni cremazione. Quale crematorio attuale può vantare prestazioni simili?

Faurisson si appella poi come fonte autorevole alle dichiarazioni rese al processo Zündel da Ivan Lagacé, direttore del crematorio di Calgary, sulla base delle quali Leuchter ha eseguito i suoi calcoli sulla capacità di cremazione dei forni di Auschwitz-Birkenau e Majdanek. B. Kulaszka riassume così ciò che Lagacé ha affermato sulla capacità di cremazione dei suoi forni: "Factory recommendation for normal operation was a maximum of three cases per day in a normal eight hour work day"(26). Un forno del crematorio di Terezín in otto ore cremava normalmente 13-15 cadaveri, ossia il quadruplo o il quintuplo!

Ciò mostra ancor più chiaramente quanto sia fallace il metodo di confronto invocato da Faurisson.

Naturalmente sarebbe altrettanto fallace attribuire astrattamente la capacità di cremazione dei forni di Terezín a quelli di Auschwitz, perché i rispettivi impianti avevano un sistema costruttivo e soprattutto una conduzione completamente diversi, sicché, per esprimere un giudizio fondato sulla loro capacità di cremazione, sono necessarie proprio "hochtechnischen Betrachtungen über die Bauweise der Verbrennungsöfen und deren Betriebsweise".

Un consiglio non troppo velato ai nostri contributori

A proposito dei nostri viaggi e dei nostri contributori, Faurisson scrive:

"Haben die beiden Verfasser wirklich geglaubt, sie könnten sich mit der Herausgabe dieses Buches bei denen ins rechte Licht setzen, die ihre Expedition in Ostpolen, in den baltischen Staaten und Russland finanziert haben - ein Unternehmen, das übrigens keineswegs ihren grossen Hoffnungen und unseren Erwartungen entsprach? Dies fragte ich mich" (p. 212).

Questa è una chiara esortazione ai nostri contributori a non finanziare più eventuali nostri viaggi futuri.

Qui Faurisson non ha alcun diritto di interloquire. Egli non ha né il diritto né la competenza per giudicare i risultati dei nostri viaggi. Non ne ha il diritto, perché non figura tra i nostri contributori; non ne ha la competenza, perché non conosce la portata complessiva dei risultati dei nostri viaggi, di cui il libro su Majdanek è soltanto la prima esposizione. Un'altra esposizione è il mio studio La "Zentralbauleitung der Waffen-SS und Polizei Auschwitz" apparso nell'aprile del 1998 (Edizioni di Ar). Un'altra ancora è lo studio di recente pubblicazione, redatto da J. Graf e da me, Das Konzentrationslager Stutthof und seine Funktion in der nationalsozialistischen Judenpolitik (Castle Hill Publisher).

Nell'ambito di questi risultati rientrano inoltre in parte maggiore o minore anche i miei attuali progetti di studio, a cominciare da quello in due volumi sui forni crematori di Auschwitz, che ho finalmente terminato e che dovrebbe apparire a fine anno, ad altri ancora che non sto qui ad elencare.

E se la realizzazione di questi progetti ha richiesto più tempo del previsto, ciò è dovuto anche al fatto che, nel frattempo, mi sono distolto da essi perché ho sentito il dovere di scrivere due libri (complessivamente circa 500 pagine) per difendere, tra gli altri, proprio Faurisson e Leuchter dagli ingiusti attacchi degli avversari (Olocausto: Dilettanti allo sbaraglio, 1996, e L"irritante questione" delle camere a gas ovvero da Cappuccetto Rosso ad ... Auschwitz. Risposta a Valentina Pisanty, 1998).

Una lezione di stile

Concludendo, la critica di Faurisson non ha un carattere argomentativo e razionale, ma puramente emozionale.

Quanto ciò sia vero, risulta dal fatto che egli ha taciuto completamente sul nostro "attacco" alle tesi di G.Rudolf, che è esposto nel medesimo paragrafo che contiene l' "attacco" alle tesi di Leuchter.

Ciò dimostra che Faurisson non si preoccupa degli "attacchi" di revisionisti ad altri revisionisti, ma degli "attacchi" di revisionisti a Faurisson-Leuchter. Se ad essere "attaccati" sono altri revisionisti, come G. Rudolf, ciò non è degno neppure di una parola!

Proprio G. Rudolf ha dato invece a tutti una bella lezione di stile: pur avendo subìto, al pari di Fred Leuchter, critiche anche severe, egli non solo le ha accettate di buon grado, ma ha persino pubblicato il libro in cui erano formulate!

Questo è sano revisionismo.

Conclusione

Nessuno può negare sensatamente i meriti di Robert Faurisson nello sviluppo e nel perfezionamento del revisionismo dalla scarna forma rassinieriana fino alla complessa forma scientifica attuale, ed io stesso sono stato uno dei suoi primi sostenitori, nel lontano 1979. Ciò non significa però che egli sia il custode di una verità revisionistica che sarebbe soltanto dogmatica, né implica che egli sia la misura storiografica di tutte le cose in funzione della quale debba essere giudicato ogni nuovo contributo revisionistico. Questo atteggiamento, che si può chiamare faurissonismo, è molto deleterio per gli sviluppi futuri del revisionismo scientifico, perché tende a sminuire, a squalificare, a denigrare se necessario, e quindi a scoraggiare qualunque nuovo contributo che non assuma il faurissonismo come punto centrale, di fronte alla visione totalitaria del quale esso non può apparire che come futile ripetizione del già detto, al più, come immeritoria conferma di scoperte altrui.

Lo scopo di quest'articolo è anche quello di mettere in guardia lettori aperti alla critica dai pericoli di questa deviazione personalistica del revisionismo scientifico, che rischia di frenarne lo slancio vitale in una fossilizzazione dogmatica e disanimata.


                                                                                                              Carlo Mattogno



NOTE

[1] J.Graf, Offener Brief an Prof. Robert Faurisson, in: VffG, 3.Jg., Heft 3, September 1999, pp.327-330.

[2] R. Faurisson, Antwort an Jürgen Graf, in: VffG, 3.Jg., Heft 3, September 1999, pp.330-332.

[3] L. Poliakov, Bréviaire de la haine, Calmann-Levy 1979, p.219.

[4] L. Poliakov, Le procès de Jérusalem. Jugement-Documents, Paris 1963, p.228.

[5] G. Reitlinger, La soluzione finale. Il Saggiatore, Milano 1965, p.177.

[6] Die Zeit, 19 agosto 1960, p. 16.

[7] Vierteljahreshefte für Zeitgeschichte, Heft 2, 1976, p.109.

[8] G. Wellers, Abondance de preuves, "Le Monde" 29 dicembre 1978, In: S. Thion, Vérité historique ou vérité politique? Paris 1980, p.106.

[9] Ibidem, p.178.

[10] Ibidem, p.174.

[11] Vedi al riguardo il nostro (J.Graf e C.Mattogno) studio Das Konzentrationslager Stutthof und seine Funktion in der nationalsozialistischen Judenpolitik , Castle Hill Publisher 1999, pp.66-69.

[12] Testimonianza riportata in: B. Kulaszka, "Did Six Million Really Die"? Toronto 1992, pp.164-165.

[13] Rapporto Leuchter, edizione originale americana, punto 17.004.

[14] Ibidem, punto 12.003.

[15] Ibidem, punto 12.005.

[16] Ibidem, punto 17.005.

[17] Ibidem.

[18] In: "Annales d'Histoire Révisionniste", n.5, 1988, pp.51-102.

[19] Revue d'Histoire Révisionniste, n.3, 1990-91, pp.145-146.

[20] Nell' Opus magnum di Faurisson Ecrits Révisionnistes (1999), su questo tema esiste soltanto il medesimo articolo menzionato nella nota precedente (vol.III, pp.1240-1241).

[21] J.C.Pressac, "Les carences et incohérences du rapport Leuchter", "Jour J", dicembre 1988, p.VIII.

[22] Vedi nota 6, p.145.

[23] Si tratta del capitolo VII. La "critica" di Pressac alla vicedirettrice di Majdanek sulla camera a gas del nuovo crematorio è stata invece da noi riportata in tutto il suo contesto a p.153.

[24] J.C. Pressac, Les camps de la mort, "Historia", mars-avril 1995, pp.122-123.

[25] Queste liste, insieme ad altre del crematorio di Westerbork e di quello di Gusen, vengono analizzate nel mio studio sui forni crematori di Auschwitz di prossima pubblicazione.

[26] Vedi nota 10, p.269.

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